Le tante atrocità di questi giorni sembrano oscurare altre notizie come quella della condanna di Radovan Karadzic, l’ex boia di Srebrenica, a 40 anni di carcere per genocidio.

L’esito del processo, a lui ed altri complici, non restituisce la vita alle migliaia di civili trucidati ma almeno rende parziale giustizia a quanti, uomini, donne vecchi e bambini, furono oggetto di pulizia etnica significando che nessuno può macchiarsi di crimini tanto gravi pensando di farla franca.

In un giorno di Pasqua del tempo di guerra, era il 1993, la TV trasmetteva immagini orrende provenienti dalla Bosnia. Scrissi una modesta poesia che vi propongo di seguito:

Il cannone terribile
Squarcia le antiche case
Di Sarajevo
E celebra
Il martirio di un anno
E di cento città

E’ guerra al di là del mare
Ma non par vero
Se non fosse
Per quel sangue
Per quei morti mutilati
Per quelle mani tese
A un mondo che non capisce
I composti lamenti
Da terre così vicine
Da terre così lontane.

Avevamo appreso dai libri
Il tempo dell’odio.
Chi avrebbe pensato
Che ancora Sarajevo
Anelasse
Al triste registro della storia
Che ancora Srebrenica
Aspirasse
Al supplizio
E la barbarie non fosse
Da noi mai partita!

La carovana affamata ferisce
La nostra Pasqua nutrita.
Dovremo ancora aspettare
Mille Sarajevo, Goradze, Cerska
Prima di guardare oltre il mare
Prima di guardare dentro noi?
C’è tempo per domandare
Come è potuto accadere.