Ogni volta che un politico incorre nei rigori della legge i suoi sodali si affrettano a dichiarargli solidarietà, “certi” della sua innocenza, “sicuri” che saprà dimostrare la sua “estraneità ai fatti contestati”. Fosse per loro nessuna accusa sarebbe mossa, nessun addebito sarebbe in grado di scalfire l’onorabilità del collega, anzi l’imputazione è “assurda” e strumentale. Ovviamente a questa solidarietà di prammatica, formale e ipocrita, fa da contraltare la “fiducia”, altrettanto formale e ipocrita, nei confronti “dell’operato della magistratura”, non si sa mai gli inquirenti avessero ragione o, peggio, dovessero coinvolgere altri. E’ un cliché a cui la “casta” ci ha abituato da tempo, un colpo al cerchio e uno alla botte. Mai a nessuno viene in mente di fare un passo indietro liberando il campo. Per carità, fino al terzo grado di giudizio c’è la presunzione di innocenza.