Gli inglesi hanno scelto di uscire dall’UE. Pessima notizia per gli europeisti ma, come ha tweettato il presidente del Parlamento Europeo Martin Schultz, sono anche terminati 40 anni di ambiguità.

Molti fuori dell’inghilterra (la minuscola ci sembra necessaria visto l’isolamento a cui si volge il cosiddetto Regno Unito) plaudono a questo risultato e preconizzano altri referendum, altre uscite e la disintegrazione definitiva di quanto è stato costruito in sessanta anni.

All’Europa vengono imputati tutti i mali, dimenticando o ignorando che il nostro progresso, i risultati raggiunti, anche con le difficoltà attuali, li dobbiamo all’Europa, senza contare il sommo bene: la pace. Questa parte di mondo non ha mai vissuto un così lungo periodo di pace e ciò lo si deve alle istituzioni comunitarie dove tutti gli interessi trovano un luogo di compensazione. Un conto è litigare in famiglia, dove facilmente ci si riappacifica, un conto litigare con estranei arrivando inevitabilmente alle estreme conseguenze.

Certo l’Europa così com’è non va bene ma bisogna impegnarsi a migliorarla non a distruggerla in nome di anacronistici sussulti di sovranità o sotto l’ossessione dei migranti alle frontiere. Per cambiarla ci si deve stare dentro, non fuori.

E piuttosto che chiedere meno Europa bisogna rivendicare con forza più Europa, più poteri al Parlamento Europeo, più poteri alla Commissione. Se siamo a questo punto è perché l’Unione non è completata, non è una entità statuale. Per affrontare i problemi di oggi e soprattutto di domani c’è bisogna di unità, di un vero governo europeo.

Oggi, che è un giorno triste per tutti, quelli che hanno perso ma anche quelli che hanno vinto, bisogna crederci ancora di più. Il sogno europeo non è finito. Altrimenti il nero comincerà a colorarsi di rosso sangue. Che Dio ce la mandi buona!