La morte sul campo del calciatore Morosini ha indotto la Lega a sospendere per una giornata le gare in programma. Il funerale dello sfortunato atleta è stato celebrato con grande concorso di tifosi. I mezzi di informazione si sono occupati per giorni della vicenda e gli inquirenti hanno aperto fascicoli per accertare eventuali responsabilità.

Da questo week end ricominciano le ostilità sportive e la scomparsa del giocatore si trasforma in un evento privato. Ma i problemi restano. Le misure di sicurezza, la prevenzione, i controlli non saranno messi in discussione e tutto continuerà come prima. Ma la discussione sulla presenza o meno di defibrillatori e di medici a bordo campo, su ambulanze pronte a partire, magari eliambulanze, rimane circoscritta ai massimi campionati, che sono quelli che calamitano l’attenzione dei supporter e dei media.

E invece le gare che ogni settimana vengono disputate sui cosiddetti campi di periferia sono migliaia e decine di migliaia sono gli ‘atleti’ che vi prendono parte. Su quei campi è difficile trovare misure di sicurezza idonee e strumenti di pronto soccorso, non parliamo di personale specializzato. Assistiamo talvolta a capocciate terrificanti con giocatori che restano a terra tramortiti e non si sa come soccorrerli. Con lentezza biblica, segno di cosciente inadeguatezza, arriva finalmente una bottiglietta d’acqua recata da un cosiddetto ‘massaggiatore’ fidando in misteriose virtù taumaturgiche. A volte deve essere chiamata un’ambulanza che, con tutta la buona volontà degli addetti, arriva con notevole ritardo rispetto al rischio corso dagli atleti.

Tutto è affidato alla buona sorte, al ‘destino’ che ogni tanto si prende qualche libertà. Che fare? Sui campi polverosi c’è poco da stare allegri, per quanto si possa discutere la situazione non migliorerà granché. L’unica soluzione sarebbe quella di fermare tutto, ma temiamo che non sia una soluzione praticabile.

Avanziamo due modeste proposte, che non servono a risolvere il problema ma possono aiutare a contenere gli incidenti pericolosi. Una è di carattere sportivo, sanzionare pesantemente, con espulsione , il giocatore reo di utilizzare i gomiti per liberarsi dell’avversario, una pratica che sta diventando sempre più generalizzata e cruenta. In secondo luogo imporre l’uso di un casco protettivo per tutti gli atleti, almeno a livello non professionistico. Se ci si rompe una gamba si risolve ma se ci si rompe la testa sono guai seri.

Il resto, come la presenza di un medico durante le partite è solo teoricamente realizzabile. Salvo smentita.