Si fa un gran parlare di cultura come volano dell’economia in un paese come il nostro povero di giacimenti importanti e di un solido tessuto industriale che, viceversa può solo contare sull’intelligenza dei suoi abitanti, sul patrimonio artistico e paesaggistico, sulla cultura.

Ogni evento culturale (che si tratti di arte, di musica, di letteratura, di scienze, ecc…) è di per sé strumento di avanzamento personale e collettivo e occasione di progresso economico, a prescindere dai personaggi o dai soggetti celebrati. Può trattarsi di Dante come di Shakespeare, di Verdi come di Mozart, di Leonardo come di Van Gogh, della tammorra come del Jazz. La cultura non ha confini né steccati!

Perciò il diniego di fondi all’Umbria Jazz Winter da parte del Ministero dei Beni Culturali con la giustificazione, se le notizie di stampa sono vere, che “il Jazz non è espressione della cultura italiana” appare un grave infortunio. Si poteva capire una ragione finanziaria dietro tale decisione (ragazzi, in questo momento non ce lo possiamo permettere) ma la giustificazione addotta denota chiusura culturale (grave per un Ministero con quel nome e per un governo di professori!) e imprevidenza economica, se non qualcosa di ancora più grave.