Chiusura culturale
By Franco Tessitore on Tuesday, November 6 2012, 15:25 - cultura - Permalink
Si fa un gran parlare di cultura come volano dell’economia in un paese come il nostro povero di giacimenti importanti e di un solido tessuto industriale che, viceversa può solo contare sull’intelligenza dei suoi abitanti, sul patrimonio artistico e paesaggistico, sulla cultura.
Ogni evento culturale (che si tratti di arte, di musica, di letteratura, di scienze, ecc…) è di per sé strumento di avanzamento personale e collettivo e occasione di progresso economico, a prescindere dai personaggi o dai soggetti celebrati. Può trattarsi di Dante come di Shakespeare, di Verdi come di Mozart, di Leonardo come di Van Gogh, della tammorra come del Jazz. La cultura non ha confini né steccati!
Perciò il diniego di fondi all’Umbria Jazz Winter da parte del Ministero dei Beni Culturali con la giustificazione, se le notizie di stampa sono vere, che “il Jazz non è espressione della cultura italiana” appare un grave infortunio. Si poteva capire una ragione finanziaria dietro tale decisione (ragazzi, in questo momento non ce lo possiamo permettere) ma la giustificazione addotta denota chiusura culturale (grave per un Ministero con quel nome e per un governo di professori!) e imprevidenza economica, se non qualcosa di ancora più grave.
Comments
"Se le notizie stampa sono vere", profondamente incomprensibile la giustificazione addotta. A questo punto, potremo attenderci di tutto: in altre parole, "soluzioni" via via più deludenti.
Altresì chiarissima la sconvolgente incomprensione di quanto, nel jazz come in svariati altri settori dell'espressione artistica nostrana, sia stato fatto e, pur tra soffocanti limiti oggettivi (che purtroppo quotidianamente constatiamo), ancor si vada facendo.
Chiarissimo, per ogni onesto musicista di questa sfortunata nostra penisola, quanto e come la "vena" (leggi: ricerca creativa) italiana e nel contempo europea sia andata significativamente dissociandosi/differenziandosi, nel corso degli ultimi decenni, da substrati etnico-culturali effettivamente estranei, mirando (e per lo più riuscendovi egregiamente) alla più concreta e solida rappresentazione di tutto un mondo d’emozioni e contenuti assolutamente, inconfondibilmente UE e/o mediterranei.
Percorso di cui, nel mio piccolo, vado assolutamente fiero.
Che pena…